C'è un tema sociale che però non viene trattato dai sociologi. Non dagli psicologi. Non dagli opinionisti della domenica nella trash TV. Né dai blogger famosi, né da quelli di successo, né dai bimbiminchia che scrivono cretinate sul web. Da nessuno. Nessuno nessuno.
Ne parlo io allora. Perché questo tema esiste. È il tema dell'intervento di un adulto che cerca di aiutare un minorenne oppresso dai genitori.
No, non nei casi estremi, come il tentato omicidio, nei quali è troppo facile decidere cosa fare: denunciare il reato, e si sa che hai fatto il tuo. Mi riferisco ai casi di oppressione subdola, psicologica e un pochino fisica ma non troppo, quanto basta a non evidenziare un reato che possa essere beccato.
Quando si parla di maschi e femmine insieme la grammatica italiana vuole che si usi il maschile, ma dato che le femmine adolescenti sono infinitamente più vessate dai genitori rispetto ai maschi, parlerò al femminile. E per lo stesso motivo, farò riferimento a ragazze di un'età compresa tra i 14 e i 16 anni.
Il pensiero più comune è:
"Non devo intervenire sul fatto che quei genitori si comportano male con quel ragazza, perché è minorenne ed è giusto che le decisioni le prendano per lei i grandi. Sbagliano? Non intervengo lo stesso, perché è minorenne e le decisioni comunque spettano ai suoi genitori."
Ma fino a che punto?