martedì 23 giugno 2015

Empatia

Oggi voglio parlarti di empatia. Ma ti avverto che non ne parlerò bene.

Innanzitutto, ecco cosa significa "essere empatici": comprendere in modo immediato i sentimenti dell'altro e condividerli. Per cui, se tu sei empatico e vedi una persona triste, capisci immediatamente cosa prova e condividi la sua emozione, per cui diventi triste anche tu. Naturalmente questo vale per tutte le emozioni, sia positive che negative.

Qualche giorno fa un mio conoscente mi ha rivelato un suo problema. Io, come mio solito, gli ho detto cosa potrebbe fare per cambiare le cose in meglio. Lui però mi ha detto qualcosa simile a "Beh, comunque ho fatto male a dirtelo.. Cioè, io di solito non ti dico niente proprio perché non sei per niente empatica. Se ti dico un mio problema tu mi dai la soluzione invece che dire che ti dispiace".

Inizialmente mi ha fatto dubitare di come mi sono comportata fino ad ora..
Ma i dubbi sono svaniti presto.

L'empatia è un sentimento naturale e umano - per esempio, sono vegana perché provo empatia verso gli animali - ma non è giusto abusarne.
Quella situazione potrebbe essere paragonata ad un esempio molto terra terra del tipo: vedi una persona alla quale manca un calzino. La prima cosa che ti viene in mente, e la più sensata, è quella di dargli il calzino mancante. E invece no, lui ti dice che non gli dovevi dare il calzino, non lo voleva! Tu dovevi semplicemente dirgli che ti dispiaceva, magari disperarti con lui, e lasciarlo con un calzino solo.
Non vuole il calzino, che equivale a dire che la soluzione non la vuole, non gli interessa. Lui non vuole la soluzione perché non vuole risolvere un bel niente, dato che per farlo c'è bisogno di cambiare. Ed il cambiamento è scomodo.
In poche parole, chi vuole stare con persone stra-empatiche non vuole cambiare, perché pensa che rimanere nella situazione in cui è sia più conveniente di migliorare e di far sparire quella sensazione di disagio che prova. Quindi chi cerca delle persone stra-empatiche per fargli da "tampone", probabilmente ha un problema e non vuole risolverlo. Se ha accanto uno stra-empatico che lo comprende, il sentimento spiacevole provocato dal suo problema viene ovattato, e a volte diventa più opaco, più facile da sopportare. E se viene ovattato, col cavolo che gli potrebbe sfiorare l'idea di cambiare le cose: non ci pensava neanche prima di avere chi gli tamponava l'emozione spiacevole, figurati adesso.

Se anche tu hai a che fare con persone che vogliono nient'altro che empatia - e sanno cos'è - ti do un consiglio:
Potresti dirgli che, se hai la soluzione al suo problema, sei disposto a dirgliela con piacere. Se non la vuole,  ti consiglio di mandarlo a quel paese. Perché se stai con persone del genere, c'è il rischio che oltre a farsi del male per sé (cioè il non voler cambiare, bloccando così la sua evoluzione), ti renda pigro come lui.. Così pigro da preferire di rimanere infossato nel tuo problema piuttosto che alzare il sedere dal divano e provare a cambiare.

Aggiornamento: Mi sono accorta di una cosa: se una persona parla di empatia, non è detto che conosca il significato di questa parola. Davvero.
Quindi sarà meglio che tu te ne accerti la prossima volta che avrai una conversazione con un sedicente empatista empatometro. 

2 commenti:

  1. Forse il tuo amico te ne a parlato solo per alleggerirsi dal gravame di dover portare questo peso tutto da solo.

    In ogni caso quando qualcuno ha un problema dargli la soluzione non è la cosa migliore da fare. Perchè il problema non è tuo.
    Fornendo tu una soluzione, sarà la tua soluzione, elaborata attraverso la tua modalità di risoluzione dei problemi.
    Essendo la tua soluzione e non la sua, la persona col problema potrebbe avere difficoltà a mettere in atto la tua soluzione.

    La cosa migliore che puoi fare è fornire a quella persona degli spunti, degli argomenti su cui riflettere, e condurla a trovare una sua soluzione

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    1. Accetto di portare un po' del peso di un amico e di diminuire così la sua fatica solo se è impossibile eliminare la causa del peso.

      Esempio: il ragazzo mi dice che è stremato perché non ce la fa più a trasportare un carretto. Noto che sta tentando di spingerlo, strusciando le ruote a terra, oppure prendendolo di peso, perché le ruote non scorrono. Prima di aiutarlo a spingere o a sollevarlo da terra per portarlo di peso, io controllo che non ci sia un qualche bastone fra le ruote.
      Se vedo che c'è un bastone fra le ruote, gli consiglio di tirarlo via. In questo caso non può dirmi "No, questa è la tua soluzione, elaborata attraverso il tuo vissuto... Tu non mi sai ascoltare; se mi volessi bene mi aiuteresti a sollevare / spingere empaticamente". Altrimenti la mia risposta è no.
      Per fortuna i problemi umani hanno spesso soluzioni che vanno bene per più di una persona, e se qualcuno ti offre una soluzione che ha funzionato, prima di rifiutarla potresti almeno valutarla e vedere se va bene per te, dato che è altamente probabile.
      Questo è il mio approccio ai problemi. Se mi conosci lo sai. Quindi se scegli me come persona a cui raccontare i tuoi problemi che secondo me sono risolvibili o attenuabili in un certo modo, accetti questo mio approccio.. Che prevede ascolto e l'ipotesi di una possibile soluzione. Non solamente ascolto ed empatia-compatimento, come qualcuno vorrebbe, perché una spalla su cui piangere serve a malapena a sollevare un po' l'umore. Il che, paragonato ad un consiglio che ti può cambiare la situazione, vale praticamente zero. Se ha problemi nel mettere in atto la mia soluzione, può chiedere come fare (e se lo fa ne seguirebbe un confronto di opinioni, dove magari insieme possiamo trovare la soluzione migliore per lui), oppure rifiutare il consiglio. Questo può essere, a seconda dei casi, uno spunto per stimolare l'attività cerebrale, o la soluzione. Il che dipende dalla complessità del problema oppure dal tempo che ho a disposizione.

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